Giuseppe Colombo
26 gennaio 2024
Raccolta di 10 meditazioni di don Pino Co lombo – uno tra i maggiori teologi del secondo Novecento – in un corso di «esercizi» predicati ad alcune conferenze episcopali dell’Italia settentrionale, più di trent’anni fa. Sul versante teorico, l’autore illustra come l’istanza del «cristocentrismo» abbia inteso richiamare la centralità di Cristo nell’economia della salvezza come principio di sistematica teologica e come metro di giudizio dell’esistenza cristiana. Nell’evento storico e singolare di Gesù – custodito e trasmesso dal racconto evangelico e dalla testimonianza apostolica – la fede ecclesiale e la teologia rinvengono la manifestazione della verità di Dio, la sua singolare evidenza e le condizioni di accesso a essa. Nell’uomo Gesù, la convinzione di comunicare la verità definitiva di Dio è una sola cosa col totale disinteresse per sé che egli esibisce nel suo entrare in relazione con gli uomini e le donne. La verità ultima dell’esistenza di Gesù è racchiusa nell’identificazione posta fra la sua coscienza d’essere l’assoluto rappresentante di Dio e la disponibilità ad abbandonarsi alla volontà salvifica di Dio, fino al punto di donare la sua vita sulla croce. Il Calvario costituisce il culmine, la vetta più alta dell’esperienza di vita più piena e realizzata nella storia dell’umanità. Sotto questo profilo, ci si potrebbe attendere che la percezione dell’istanza cristocentrica risulti ovvia e pacifica per la coscienza riflessa e per la prassi credente d’ogni tempo, proprio in quanto corrisponde a un’intuizione primordiale della fede cristiana. In realtà, lungo i secoli si deve registrare come tale consapevolezza abbia conosciuto una diversa rilevanza nei vari contesti teologici e nella prassi ecclesiale, mostrando una pluralità di posizioni e sfumature. Alla perdita del cristocentrismo ha concorso lo smarrimento delle due mediazioni di Cristo, vale a dire la Parola e i sacramenti: nel primo caso, in seguito alla polemica contro Lutero, la Bibbia divenne per secoli una specie di tabù in ambito cattolico; nel secondo caso, la crisi della pratica sacramentaria ha generato una malintesa pietà popolare e uno spropositato devozionismo di stampo mariano. Colombo sottolinea come dallo smarri mento del cristocentrismo inevitabilmente si è prodotta la tentazione dell’«ecclesiocentrismo», così lapidariamente descritta: «La tentazione è un male travestito da bene. Nella fattispecie il male è l’ecclesiocentrismo; perché il bene/la verità è solo il cristocentrismo. La tentazione consiste nel travestire di cristocentrismo l’ecclesiocentrismo. L’amore per la Chiesa non è automaticamente l’amore per Gesù Cristo, soprattutto se è l’amore di chi si sente gratificato nella Chiesa. La difesa degli “interessi” della Chiesa non è automaticamente la difesa degli interessi di Gesù Cristo» (60).Sul versante più pratico, gli esercizi di cristianesimo affrontano diversi temi d’attualità pastorale. Nella scia del Vaticano II il compito pastorale è stato d’istituire una corretta relazione tra il Vangelo e la cultura contemporanea, la quale «non è pregiudizialmente da affrontare come il nemico da abbattere, ma come il campo da esplorare, per accertare la sua capacità di accogliere il seme dell’Evangelo» (81). Il compito di un’autentica evangelizzazione non consiste più nel dimostrare la verità astratta del messaggio cristiano, bensì nella maturata consapevolezza delle Chiese particolari di divenire il luogo in cui poter sperimentare un’esistenza umana più vera, gratificante e realizzata a misura del Vangelo. D’altra parte, l’evangelizzazione non potrà rinunciare al contributo proprio della teologia, per evitare d’abbandonare il Vangelo vissuto nella prassi alle forze oscure operanti nella soggettivizzazione, nel fideismo, nel volontarismo, nell’esaltazione autoreferenziale del gruppo o dei movimenti carismatici. Riferendosi alla figura dei presbiteri, Colombo invita a considerare due fenomeni assai diversi, ma convergenti. Da un lato, ci sono i preti che cercano in istituti, congregazioni, gruppi, movimenti le ragioni del proprio ministero; dall’altro, si registra la disaffezione per l’esercizio ordinario del prete, vuoi ricercando la soluzione nella dedizione verso le nuove povertà, gli ultimi, i disabili, i drogati ecc., vuoi ritenendo la pastorale parrocchiale tradizionale ormai superata da vari movimenti e aggregazioni ecclesiali. Questi due rischi sono un segnale che dovrà essere attentamente affrontato, correndo ai ripari mediante una seria e articolata formazione permanente del clero e con l’accortezza di mettere finalmente un freno al disordine incontrollato della giornata del prete, riscoprendo tempi adeguati per il silenzio, il pensiero e lo studio. Suggestivi sono poi i due capitoli finali dedicati alla preghiera e alla figura di Maria. Il saggio è da raccomandare non solo ai vescovi, ma anche ai pastori e ai cristiani impegnati, che hanno più di un motivo per misurarsi con gli esercizi di cristocentrismo.
Fonte da: Regno-attualità (n. 2 2024).
15 dicembre 2023
Il cristocentrismo secondo Giuseppe Colombo
La svolta cristocentrica operata dal Concilio Vaticano II è diventata il punto prospettico della ricerca della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale. La ricerca riprende le varie materie della teologia sotto questo aspetto e si impegna a svilupparne le prospettive che si aprono ulteriormente.
Giuseppe Colombo (1923-2005) è certamente a fondamento di questa ricerca che negli anni si è sviluppata e ha realizzato il definitivo abbandono del “trattato”, per approdare ad una teologia che, radicata nella Scrittura, cerca e mette in evidenza il principio cristocentrico di ogni discorso teologico.
Ci sono anche critiche alla linea presa dalla Facoltà milanese. Quella che pare più significativo segnalare in questa sede è la considerazione che al cristocentrismo non corrisponde un’adeguata attenzione al vissuto di Gesù, o alla sua fenomenologia, così come direbbe Cesare Pagazzi, che ha insegnato a Milano e che ha preso sul serio questa critica concentrandosi proprio su di essa.
Predicando ai vescovi
All’interno, dunque, di una ricerca che si è sviluppata problematizzando sé stessa, il volume Esercizi di cristianesimo (Glossa, Milano 2023), con testi inediti di Colombo, è un ulteriore arricchimento. I testi sono una serie di meditazioni che il professore ha predicato a diverse conferenze episcopali regionali dal 1986 al 1996.
Alla richiesta di predicare gli esercizi ai vescovi piemontesi nel 1986 «scelse come tema il “cristocentrismo” – la “tesi fondamentale e unificante della teologia” – convinto che la teologia in quanto “comprensione riflessa e motivata e argomentata della fede” è “utile in tutti gli ambiti della vita”, e perciò anche nella “pratica della fede”». E per questo l’agile volume per il primo centenario della sua nascita è uno strumento bello e utile.
Per l’esperto, cogliere il passaggio dalla lezione alla meditazione del tema è certo occasione di memoria o di conoscenza curiosa. L’autore sa del suo stile più legato all’accademia, e ne sembra intimorito, tant’è che verifica sul libro degli esercizi di sant’Ignazio la possibilità di uno stile decisamente sobrio, tutto attento al contenuto. E anche nell’impostazione non abbandona il rigore della scuola dividendo le meditazioni in due parti.
«La parte fondamentale tutta impegnata a recuperare e a illustrare quella che ritengo essere la tesi fondamentale e in quanto tale unificante della teologa, il cristocentrismo; la parte applicativa a focalizzare qualche aspetto del ministero ordinato (episcopale)» (p. 4).
A chi legge, la distinzione non appare così netta in realtà perché, come sempre accade, le considerazioni che cercano di rendere ragione della paradossale novità del tema, e che rendono anche ragione di una teologia e di una vita della Chiesa senza questa centralità, offrono immediatamente argomento che interpella. Severe le pagine in cui illustra gli effetti dell’assenza di cristocentrismo, per cui alla Chiesa, al popolo di Dio restano, di fatto, la devozione e l’autorità del papa (cf. p. 33).
Lo stesso autore, a conclusione delle meditazioni, sentirà il desiderio di reinquadrare queste affermazioni dedicando un capitolo alla preghiera dove testimonia la sua gioia nel celebrare la liturgia delle ore.
In queste pagine si sente la discrezione con cui il teologo fa riferimento alla propria esperienza, ed essa fa intuire dunque la sua profondità. In queste pagine illustra il passaggio dal dovere della preghiera alla gioia donata, perché «mi sento proprio arrivare la Parola di Dio».
La Chiesa
Nella seconda parte, invece, viene dato spazio al tema della Chiesa, della sua missione, alla cura pastorale e alla figura del presbitero. In queste pagine tutti possono apprezzare la chiarezza di visione di Colombo che propone orizzonti ancora a tema nella riflessione pastorale di oggi, come il ruolo delle Chiese locali e dei laici.
Da sottolineare le domande circa una gestione del potere di decisione, maggiormente condivisa − oggi parliamo di sinodalità. E le considerazioni di Colombo ci convincono che il processo sinodale avviato da Francesco è domanda conciliare ancora inevasa.
Sono pagine che illustrano come agisce il principio generante della Chiesa stessa, nata dalla sequela di Gesù e chiamata a propiziare l’incontro di ciascuno con lui, perché possa seguirlo. Questa è la vocazione della Chiesa, cioè quella cristiana che dà senso alle vocazioni particolari (p. 25). Ed è per questo che il testo degli esercizi diventa spazio di esercizi per tutti, al di là dei vescovi e dei preti.
Gli Esercizi sono opera preziosa anche per chi non frequenta testi di teologia, perché ha davanti non solo il principio unificatore, il cristocentrismo, ma ne può comprendere gli effetti sulla vita della Chiesa e sulla spiritualità personale. In questo libro si trovano di fatto anche i criteri per «mettere ordine nella propria vita», come chiede un corso di esercizi.
All’interno poi dell’infinito numero di pubblicazioni e di proposte spirituali il testo offre un saldo criterio di discernimento per trovare strumenti che ci aiutino a vivere un’esperienza veramente cristiana nella sequela di Gesù e per questo veramente umana. Gesù è la via per giungere alla comunione trinitaria, così come recitava l’antica formula del Gloria, che Colombo ricorda: Gloria Patrii, per Filium in Spirtu Sanctum (p. 28).
Maria, la prima
A conclusione del libro, il capitolo dedicato a Maria si apre con una costatazione generale, che però non a caso egli sviluppa proprio per il capitolo mariano. Tale constatazione riguarda la capacità di passare dal vissuto al livello «della consapevolezza riflessa», che permetterebbe di problematizzare il primo. Invece, sottolinea Colombo, non si rinuncia a formule mariane datate e aggiunge: «Forse, a rigore, il Vangelo potrebbe contestarci di mettere vino nuovo in otri vecchi, ma noi pensiamo che questa parola evangelica non urga nel nostro caso e, quindi, possiamo continuare nelle sue fome infantili e datate» (p. 126).
Il nostro legame a Maria è in realtà unico e «obiettivo, che non preclude al sentimento» (p. 130). Come ogni madre, Maria ha avuto coscienza di sé attraverso il proprio figlio, ma in più si è «trovata a praticare il cristocentrismo: la prima a scoprirlo e la prima a praticarlo» (idem).
Il testo conclude rileggendo tensioni in ordine alla mariologia che si sono sviluppate durante il magistero di Giovanni Paolo II, in cui si manifestò la tensione tra l’ala mariana massimalista e l’impostazione conciliare del culto della beata Vergine Maria, fissato in un delicato equilibrio da Paolo VI.
Questione nella prassi ancora aperta, come altre questioni inerenti al rito, e altro che si sono aperte con più chiarezza con il pontificato di Benedetto XVI e quello di Francesco.
La via per la quale ci guidano le meditazioni di Giuseppe Colombo offre criteri precisi, al di là di riferimenti puntuali alle vicende ecclesiali a lui contemporanee. Queste pagine soprattutto consentono di iniziare dalla contemplazione di Gesù nel quale abbiamo l’autocomunicazione di Dio, Gesù, fatto di Spirito santo e da lì dipanare il percorso coerente che colloca ciascuno davanti a Dio, nella Chiesa, dedito all’annuncio ai fratelli.
Fonte da: "Settimananews"
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